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Conoscenza intuitiva

La conoscenza cognitiva e la conoscenza intuitiva

Il nostro cervello è una macchina meravigliosa, a parte il suo funzionamento biologico ancora immerso nel mistero per la sua incredibile complessità la quantità di immagini e di suoni e parole, colori e sensazioni che il cervello riesce a memorizzare e a riconsegnare anche in un solo piccolo ricordo è inquantificabile.

I grandi romanzi sono pieni di tutto il materiale che un cervello può concepire che sia un vissuto reale o fantasticato, chi di noi non ha mai sognato ad occhi aperti? vivendo le mille ipotesi virtuali che il cervello produceva sotto lo stimolo dei nostri desideri?

Eppure per quanto enorme sia la capacità del nostro cervello tutto quello che ci consegna è solo un frammento della complessità della realtà che vuole designare.

Quello che facciamo infatti è tracciare mappe che per quanto dettagliate siano non potranno mai colmare il divario “di realtà” che c’è tra un pensiero (emotivo, concettuale, immaginale che sia) e la straordinaria infinita complessità di ciò che vuole descrivere.

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Quando cerchiamo di conoscere qualcosa quindi possiamo certamente far affidamento a tutti gli strumenti che il cervello ci mette a disposizione ma dobbiamo essere consapevoli che attraverso quegli strumenti non arriveremo mai alla sua essenza.

Le religioni e la filosofia hanno da sempre cercato di risolvere il problema della conoscenza con intricati ragionamenti riguardo il rapporto tra l’oggetto e il soggetto, il valore dei segni in rapporto al loro significato e tutto ciò che si frappone tra la realtà e la possibilità reale di entrarvi in contatto.

 

Alfred Korzybski che è l’inventore della semantica non aristotelica ha sviluppato il pensiero che la mappa non è il territorio, vuol dire che una parola non è la realtà ma una mappa della realtà.

Il Koan zen, per esempio è la maniera di trasmissione della conoscenza utilizzata dai maestri zen per i loro allievi, lo facevano ponendo delle domande che rompevano la logica come per esempio: “Non inizia e non finisce che cosa è?”, oppure “Questo è il suono di due mani…qual’è il suono di una mano?”.

Il libro che ho scritto “il collare della tigre” è basato su questi insegnamenti che servivano a portarmi a percepire l’esistenza dall’intuizione, utilizzando un pensiero intuitivo e non concettuale, arrivare a sapere che la mappa non è il territorio.

Cristobal Jodorowsky

 

In seno alla filosofia orientale e al misticismo occidentale è nata l’idea che la pratica più idonea fosse proprio quella di eliminare tutto ciò che si frapponesse tra l’oggetto e il soggetto, cercando di giungere ad una sorta di conoscenza muta, silenziosa, una conoscenza che non passasse attraverso i concetti quindi non una conoscenza cognitiva ma intuitiva, oggi si direbbe: un puro sentire.

Non una pratica del distacco, anzi, al contrario, una conoscenza dove le idee sorgono ispirate dal fluire delle cose che viviamo senza fermare la ricchezza di pensieri, sensazioni, emozioni, immagini della mente, ma vivendo pienamente l’esperienza del fluire, la continua trasformazione di tutto e l’interdipendenza di tutte le cose senza limitarle alla sola possibilità dei nostri ragionamenti.

 

l’esistenza è molto più forte di un concetto è perfino al di là di dio, arrivarci è interiorizzare una dimensione senza parole dentro di noi, senza alcuna definizione, vita pura, essere vita.

 

Fare silenzio e silenzio e silenzio…

Cristobal Jodorowsky

 

Lo zen soprattutto ha individuato una via precisa della conoscenza intuitiva al di là delle categorie che in cui il cervello stesso è costretto per sua natura ad inserire ogni elemento dell’esperienza. Nei secoli grandi maestri hanno creato degli arguti indovinelli ai quali non è possibile rispondere in maniera razionale ma che ci costringono a SENTIRE la risposta, a farne esperienza diretta, a ricevere una certezza intrasmissibile a parole.

Leggi anche: Alejandro Jodorowsky e la grande arte dei Koan ( ! in fase di scrittura)

Risolvere un koan è l’esercizio supremo dell’ascolto dell’esistenza e della vita stessa dell’universo, perchè ci allena ad abbandonare l’istinto di nominare le cose, servisse anche a prendere coscienza della nostra avvenuta illuminazione, ogni volta che lo facciamo ci allontaniamo dal fluire puro che è reale conoscenza.

 

Quindi anche il concetto stesso di divino è un concetto, in un cristiano è una cosa in un mormone è una cosa, in un ebreo è un’altra cosa, in un protestante è un’altra cosa ancora… il divino non esiste, l’ultimo rischio del coraggio di offrirsi a questa condizione [di unione] è anche lasciare il suo nome e avere completa fiducia, questa è la fede per me, fede totale.  In quel momento non c’è dualità e quindi non c’è neanche il concetto di divinità perché il concetto stesso di divinità è dualità.

Cristobal Jodorowsky

 

Tarologo e Counselor Gestaltico. Frequento il percorso iniziatico Metamundo di Cristobal Jodorowsky nel triennio 2016-2018 dove incontro la psicomagia, lo psicosciamanesimo e l’ultilizzo dei Tarocchi come strumento introspettivo e di indagine interiore. Ispirato e guidato da questa esperienza nel 2017 avvio l’iniziativa Psico Tarot Evolutivo, con la quale organizzo letture, laboratori, corsi e seminari sui Tarocchi di Marsiglia. www.psicotarotevolutivo.it

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